Il ricordo di un grande Maestro.
Ascoltando Giulio Giorello – il suo nome buffo, i suoi occhiali spessi e i suoi farfuglii – chi voleva capire capiva che l’importante non sarebbe mai stata la verità di un’ideologia, ma il piacere di una scoperta: che il piacere dell’intelligenza è la sola spinta che ti può fare capire le cose, per un istante, prima che la realtà si rifranga di nuovo in un cumulo di macerie insensate. Quel gioco era l’unica strada possibile, l’unico spiraglio ancora libero per chi volesse ancora provare a pensare. Tra cielo e terra non esisteva nulla, per quanto insulso apparisse, da non meritare curiosità.
Giorello alla Statale – Il Post