Si fa presto a dire «vittime». Ma davvero è solo così che vogliamo vederle?
«Ecco dunque che arriviamo alle domande: nel Mediterraneo vanno salvati solo coloro che scappano o anche i soggetti attivi che desiderano una vita diversa, non necessariamente migliore?
Va salvato chi, in quanto vittima, e dunque subalterno alla nostra compassione, non snaturi né alteri la nostra scala valoriale, non la metta in discussione, oppure merita rispetto anche chi arriva proponendo un universo di valori che eventualmente non ci corrisponda e che talvolta fatichiamo ad accettare?
Questo interrogativo resterà senza risposta finché continueremo a ricordare le esperienze delle persone migranti senza tematizzarle, a parlare di loro solo quando sono sul punto di morire annegati, cioè sempre troppo tardi, senza aver mai domandato loro non solo come fosse la vita da cui arrivavano ma anche – forse soprattutto – quella che si aspettavano di trovare.
Senza aver chiesto alle persone migranti se volessero essere considerate vittime-eroi-del-nostro-tempo, o soggetti e corpi politici, portatori di istanze, contraddizioni, conflitti.»
La vittima è l’eroe del nostro tempo – Il Post