Moralità

Le qualità intellettuali da sole non sono sufficienti. Ma sono pur sempre necessarie.


Una mio suggerimento di lettura nel Gruppo de L’Eterno Assente ha suscitato un’interessante discussione sul suffragio universale, in particolare con i commenti di Dario e di Simone. Avevo già sviluppato alcune riflessioni in una recensione nel blog, ma, siccome gli argomenti di Dario e di Simone sono interessanti, riprendo la riflessione qui.

1. Gli esseri umani non sono uguali.

1a. Anzitutto gli esseri umani non nascono uguali per condizioni sociali. C’è chi nasce ricco/a e chi nasce povero/a. Superfluo dire che chi nasce ricco/a gode di maggiori possibilità rispetto a chi nasce povero/a. Una società equa non punta a rendere uguali gli esseri umani, ma a offrire a ciascuno/a le stesse possibilità di partenza. Perciò le disuguaglianze sociali dovrebbero essere, se non eliminate del tutto, il più possibile ridotte.

1b. D’altronde gli esseri umani non nascono uguali nemmeno per qualità innate. C’è chi nasce versato/a per le scienze e chi per l’arte. Chi nasce portato per la cucina e chi per il giardinaggio. Chi nasce bello/a e chi brutto/a (dove per «bello/a» e «brutto/a» intendo, beninteso, «più o meno compatibile con i canoni estetici della cultura del luogo e del momento»). Prendi me, per esempio: avresti potuto farmi allenare come un pazzo fin da bambino, ma non sarei mai diventato Usain Bolt. Non credo affatto nella possibilità di ciascuno/a di eccellere in ogni campo, se adeguatamente istruito/a e allenato/a. Credo però che ciascuno possieda delle qualità innate e che spesso il fallimento individuale sia determinato dal tentativo di ficcare una persona quadrata dentro un buco tondo. Una società equa dovrebbe offrire a ciascuno/a la possibilità di far fiorire il proprio talento nel proprio ambito di eccellenza.

2. Gli esseri umani non crescono uguali.

C’è chi non può far fiorire il proprio talento perché la società non glielo consente: questa è un’ingiustizia. C’è chi può e lo fa: buon per lui/lei. C’è chi potrebbe e non coglie l’occasione: è una libera scelta. E ogni scelta comporta una responsabilità, ovvero la capacità di farsi carico delle conseguenze.

3. Nell’amministrazione di una società servono

  • qualità intellettuali (intelligenza, competenza e spirito critico) e
  • moralità.

Entrambe sono condizioni necessarie ma non sufficienti.

L’intelligenza è innata. La competenza e lo spirito critico no, ma possono essere acquisiti potenzialmente da tutti/e, purché adeguatamente formati/e. Una società equa offre a tutte le persone la possibilità di acquisire competenza e spirito critico sufficienti per amministrare la società.

Nella mia critica al suffragio universale ho sottolineato solo la necessità delle qualità intellettuali. Infatti il suffragio universale presuppone che chi vota sia informato/a e critico/a. Il voto è una forma di potere sugli altri e, come ogni potere, è associato a una responsabilità. Purtroppo nelle società attuali questa condizione non è soddisfatta, cosicché vota anche una grande massa di persone stupide e/o incompetenti e/o credule: gli/le «analfabeti/e funzionali». Costoro si fanno irretire e manipolare attraverso slogan, fake news, fallacie logiche. Dunque non meriterebbero di accedere al voto.

Ora Simone dirà: «E la moralità?». Infatti il suo argomento è che le qualità intellettuali non garantiscono nulla sulla moralità:

«L’errore classico nel pensare che un elitismo intellettivo e conoscitivo sia preferibile ad una democrazia liberale sta nel non prendere in considerazione il fatto che una persona molto intelligente, persino geniale, e molto colta, possa comunque:
1) Essere egoista e concentrare su di sé o sulla sua cerchia il suo potere, abusando della sua posizione per arricchirsi, etc.
2) Essere criminale, e spingersi quindi oltre nell’abuso.
3) Sbagliare, in modo anche grave o gravissimo.
(…)
…che una persona sia competente non include necessariamente che scelga di votare in modo efficace per il bene collettivo. Potrebbe tranquillamente votare per chi favorisce unicamente o prevalentemente i suoi interessi, esattamente come i meno competenti.»

La possibilità che una persona intelligente e colta sbagli in modo anche grave o gravissimo è sempre presente, ma senza dubbio con una probabilità inferiore al caso di una persona stupida e/o incompetente e/o credula. Tuttavia sull’importanza della moralità Simone ha ragione: anch’essa, come le qualità intellettuali, è necessaria. Ma non sufficiente. Difatti, se chi decide lo fa sulla base della moralità più alta ma essendo privo di competenze e/o di spirito critico, si espone a al rischio del disastro.

Il suffragio universale risolve il problema? Niente affatto. Chi è stupido/a e/o ignorante e/o credulo/a potrebbe benissimo essere anche egoista e avido/a, proprio come chi è intelligente, colto/a e dotato/a di spirito critico. Non mi spingo fino ad affermare che l’ignoranza favorisca l’egoismo: mi basta ribadire che sono indipendenti ed entrambe possibili.

Che fare? In una società ideale, perciò equa, a chiunque viene offerta la possibilità di

  • far fiorire il proprio talento individuale, qualunque esso sia,
  • sviluppare competenze e spirito critico al meglio delle proprie capacità,
  • acquisire le migliori informazioni disponibili su ogni argomento,
  • sviluppare una moralità fondata sull’empatia e sulla solidarietà umana, che privilegi l’interesse collettivo su quello individuale e/o di gruppo.

Dopodiché il voto viene concesso a chi è in grado di dimostrare di meritarlo. Com’è ovvio, la nostra società è molto lungi dall’essere ideale.

Simone dirà: «Eh, ma finora i casi di potere concentrato in un’élite superiore sono pessimi». Vero: sono società dominate da caste corrotte e privilegiate. D’altronde il suffragio universale ha prodotto, per esempio, le masse meridionali – non una maggioranza, per fortuna, ma neppure una trascurabile minoranza – che stimano Salvini e lo votano. In tutta franchezza, per un/a meridionale che vota per Salvini io non riesco a trovare un aggettivo diverso da «idiota». Oppure vogliamo parlare dei/delle seguaci di Donald Trump?

Sicché siamo sicuri che il suffragio universale sia migliore del potere elitario? E ancora: siamo sicuri che il suffragio universale ci metta al sicuro dalle derive autoritarie? Sia Hitler sia Mussolini sono arrivati al potere attraverso i meccanismi della democrazia a suffragio se non universale quanto meno molto ampio. Prendiamo un caso emblematico: il voto in Germania del 19 agosto 1934, che segnò la fine della democrazia con la concessione a Hitler del potere assoluto. Votò a favore l’88%. Se non avevano letto il «Mein Kampf», nel quale il suo programma politico era delineato con chiarezza, furono ignoranti. Se lo avevano letto, furono immorali. In entrambi i casi, se non avessero potuto votare sarebbe stato molto meglio.

Insomma, le qualità intellettuali e la moralità sono entrambe indispensabili ma insufficienti da sole. Inoltre sono del tutto indipendenti. Eliminare il suffragio universale e sostituirlo con una epistocrazia non offre garanzie sulla moralità degli/delle epistocratici, però migliora la situazione almeno per quanto riguarda le qualità intellettuali di chi prende le decisioni. Non è tutto, ma è meglio che niente.

Choam Goldberg

(Foto: Rama)

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